sabato 3 marzo 2012

La dura legge del lavello.

Parlando con un'amica, recentemente, ho scoperto che una delle probabili cause dei miei disordini mentali è il caos che regna nel lavello della cucina. Si dice in giro che avere il lavello pulito aiuti il corpo e la mente a rimanere in equilibrio. Equilibrio, questo sconosciuto. Ecco, in poche parole, il mio lavello è sempre in disordine. E sporco. E pieno di tracce di zampette che le mie gatte disegnano quando pretendono di bere l'acqua dal rubinetto. Devo dedurne che la mia vita ne è esattamente lo specchio? Ussignur, come si direbbe dalle mie parti. Ora, la reazione di una donna comunemente normale sarebbe quella di armarsi di guanti e spugnetta e lavare lavare e lavare fino a sentirsi accolte da un intenso respiro di sollievo universale. La mia reazione è guardare il mio lavello come fossi in un film western. Sfidarlo a duello. Provocarlo fino a renderlo umidiccio dalla paura. "Tzk, sono più forte di te. Uh, e cosa sono quelle goccine che pendono dal tuo rubinetto? Piangi forse? Ah! Ma io sono più forte di te, te l'ho forse già detto? Bene, lo ribadisco!" (Non trascrivo tutte le parole, la cosa potrebbe andare avanti per ore). E...... E stop. Il lavello non reagisce, quel maledetto esserino metallico tutto british. E a me è venuto il mal di gola. Non mi resta che l'arma migliore: lamentarsi borbottando. Non c'è nulla di meglio che borbottare fingendo di avere cose interessanti da dire. In conclusione, no, non credo che il lavello mi rappresenti. Solo non lo voglio pulire. Gli darei troppe, troppe soddisfazioni. Glielo leggo negli occhi: è quello che vuole. Non mi avrai mai.

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